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di Virgilio e Inglesi. 37

caro, diss’io rivolgendomi verso Omero, guai a noi se questo poema fosse più regolare e scritto tutto di questo stile. Si lesse più d’una volta Ugolino, chi piagnea, chi volea metterlo in elegia, chi tentò di tradurlo in greco, od in latino; ma indarno. Ognun confessò, che uno squarcio sì originale e sì poetico per colorito insieme e per passione non cedeva ad alcuno d’alcuna lingua, e che l’italiana mostrava in esso una tal robustezza, e gemeva in un tuono così pietoso, che potrebbe in un caso vincere ogni altra.

E buon per noi, che lungamente si lesse e si gustò questo tratto, perchè tutto il resto ci fastidì senza misura. Il Purgatorio e il Paradiso molto peggio si stan dell’Inferno, che neppur una di tali bellezze non hanno, la qual si sostenga per qualche tempo con nobile poesia. Oh che sfinimento non fu per noi lo strascinarci per cento canti e per quattordici mille versi in tanti cerchi e bolge, tra mille abissi e precipizj con Dante, il qual tramortiva ad ogni paura, dormiva ad ogni tratto, e mal si svegliava e nojava me