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332 Lettere


satiriche o comiche o facete. V’ha egli un nome più illustre in poesia di quel d’Orazio? Ma Orazio, che adula un tiranno, che canta gli amori più infami, che burla di tutto senza vergogna, e mette in dispregio i virtuosi e ia virtù con la religione e con gli Dei, Orazio è un plebeo indegno e meritevole d’un patibolo, se non Io scusa 1* l’ubbriachezza e la crapola alla tavola di Mecenate, alla quale ha fatto figura di parasito e buffone, e dalla quale levandosi pien di vino ha presa la penna e la lira. Quanti Orazj di questa tempera non mi par di vedere tra i vostri poeti berneschi? E non di meno ì buoni italiani malgrado la loro educazione civile e costumata, e a dispetto delia nobiltà del loro animo, che è una delle prerogative della nazione, pur gli ammirano e imitano e adorano, come i padri autorevoli e venerandi del ben poetare. E quindi tanto persevera questo abuso, e vivon le sette e le eresie poetiche, dalle quali tanti sedotti e strascinati perdono i più bei talenti Icr dati per miglior uso. Quanti pochi per tanto sono gli Orazj tra voi guar» dan-