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.mutava egli, affine di poter piacere »Ile genti di,, quella stagione, nella quale esso scrivea. Faro,, no pochi anni appresso il Boccaccio e il Petrar,, ca, i quali trovando medesimamente il parlare „ della patria loro altrettanto o pii) ancora cangia,, to da quello, che trovò Dante, cangiarono in,, parte altresì i loro componimenti. Ora vi dico,, che siccome al Petrarca, e al Boccaccio non sa„ rebbe stato dicevole, che eglino si fossero dati,, allo scrivere nella lingua di quegli antichi, la„ sciando la loro, qualunque essi l’avessero e potu„ to e saputo fare; così ni più nè meno pare, che a „ noi si disconvenga, lasciando questa del nostro se., colo, il metterci a comporre in quell» del loto; „ che si potrebb? dire, M. Carlo, che noi scriver „ volessimo a’ morti, più che a’ vivi. Le bocche,, acconcie a parlare ha la natnr» date agli uomini, „ affinchè ciò sia de’ loro animi, che veder compiu,, tamentè in altro specchio non possono,’segno o „ dimostramento, e questo parlare di una maniera „ si sente in Italia, e in Lamagna si vede essere „ di un’altra, e così da questi diverso negli altri „ luoghi. Perchè siccome voi e io saremmo da ri,, prender, se noi a’nostri figliuoli facessimo il te„ desco linguaggio imprendere, più tosto che il „ nostro, così medesimamente si potrebbe per av„ventura dire, che biasimo meritasse colui, il „ quale vuole innanzi con la lingua degli altri se,, coli scrivere, che con quella del suo.