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LETTERA IX.

AGLI ARCADI.

NOn posso esprimere lo stupore, che sempre più mi prendeva al conoscere le vicende avvenute su questa terra, e in Roma stessa dal mio secolo in qua. Gli avanzi del Panteon, de’ Teatri, degli Acquedotti mi certificavano con mio dolore, ch’io pur era in Roma. Ma il Popol Romano scemato di tanto, vestito come gli schiavi del mio tempo, marcito nell’ozio, e lentissimo nell’operare; sì poche ricchezze in tanta magnificenza di palagi veramente ancora romani; gli artefici scarsi benche eredi del genio antico, e del gusto più sano in ogni genere: gli usi infine, i costumi, i vestiti, e le fogge del vivere mi facevano credere, che se quella era Roma, fosse oggi abitata da cento diverse nazioni, nè più ricordasse d’esserne stata domatrice, e Signora. Gli spettacoli, è vero, più mansueti, e più piacevoli