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IL ROMITO DEL CENISIO
Da quest’ Alpi infino a Scilla
la sua legge è il brando barbaro
che i suoi règoli invocár.
Da quest’ Alpi infino a Scilla
è delitto amar la patria,
è una colpa il sospirar.
Una ciurma irrequieta
scosse i cenci, e giú dal Brennero
corse ai fòri e gli occupò:
trae le genti alla segreta,
dove, iroso, quei le giudica
che bugiardo le accusò.
Guarda ! i figli dell’affanno
su la marra incurvi sudano:
va’ ne interroga il sospir.
— Queste braccia — ti diranno —
scarne penano onde mietere
il tributo a un stranio sir. —
Va’, discendi, e le bandiere
cerca ai prodi, cerca i lauri
che all’Italia il pensier die’.
Son disciolte le sue schiere,
è compresso il labbro ai savi,
stretto in ferri ai giusti il piè;
tolta ai solchi, alle officine,
delle madri al caro eloquio
la robusta gioventú,
data, in ròcche peregrine,
alla verga del vii téutono
che l’edúchi a servitú.
Cerca il brio delle sue genti
all’ Italia, i di che furono
alle cento sue cittá:
dov’ è il flauto che rammenti
le sue veglie e delle vergini
la danzante ilaritá?