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Per questo forse non si erra affermando che la ragione per cui l’edizione del De Steffani, la quale invero talvolta pur colma lacune e rimedia a difetti della scarabelliana, si giudica senz’altro a prima vista superiore a quest’ultima è data proprio dalla maggiore snellezza con cui si presenta, snellezza dovuta alla logica e naturale divisione delle parti della corrispondenza, o meglio alla divisione voluta dal Bentivoglio stesso1.

Ma se noi vogliamo conoscere come scriveva il Bentivoglio, la lingua sua, le sue forme verbali, non ci affideremo certo all’edizione del De Steffani. Questi non solo muta costantemente, «publico» in «pubblico» «camino» in «cammino» ecc. ma non tollera «prencipe, averebbono, Turino» e tanti altri vocaboli che in questa forma il Bentivoglio usa o costantemente o con evidentissima preferenza.

Tanto che si sarebbe quasi indotti a pensare che ciò che piú ha urtato le orecchie del De Steffani e del marchese Nicolò, possa essere stato quanto di secentesco e di ormai antico era nell’edizione dello Scarabelli. Cosí avvenne che questi limitandosi a riprodurre il manoscritto della Berio, e non arbitrandosi a modificarlo fuorché in pochissimi casi ove fin troppo evidenti erano le manchevolezze del codice, finí per riprodurre necessariamente anche lacune ed inesattezze, ma con tutto ciò fu piú fedele alla lingua del Bentivoglio che non sia stato il De Steffani.

IV

Il primo gruppo di lettere famigliari che qui pubblichiamo, cioè le prime quindici, abbiamo tolto dal codice n. 541 della Biblioteca comunale «Ludovico Ariosto» di Ferrara: «Lettere del Card. Guido Bentivoglio». È essa copia diligentissima del bibliofilo ferrarese De Carli. In calce, nella prima pagina, si legge infatti la scritta: «Joseph De Carlis sibi et civibus». Quasi tutte queste lettere furono stampate in un’antologia epistolare curata dal Muzzarelli (Macerata, Cortesi, 1830, in 8°), ma noi, per quanto abbiamo cercato, non siamo giunti a rintracciare questa edizione.

  1. Pregio considerevole dell’edizione De Steffani è poi quello d’esser fornita d’un «Indice alfabetico delle persone e cose piú notabili», ampio copioso ed accurato.