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suo affetto verso di loro e dal vivo zelo del ben publico, aveva spedito in Francia con titolo di legato il cardinale Pietro Aldobrandino suo nipote, per la cui efficace interposizione e per la riverenza particolare de’ sudetti prencipi verso la santa sede e la persona propria di esso pontefice, i loro deputati si erano finalmente indotti d’accettare e sottoscrivere la detta capitolazione. Che in virtú di essa il duca cedeva al re i paesi e le signorie della Bressa, Beuge e Verame con i loro territori sino al Rodano, e di lá dal Rodano la terra di Ayre con altri sei luoghi di ordinaria qualitá. Gli trasferiva la baronia e baliaggio di Gies. Gli rendeva tutto quello che si era occupato da lui nel Delfinato, e nominatamente Castel Delfino con la terra del Ponte; di piú si obligava il duca a demolire il forte chiamato di Bechaudaufin e in ultimo di pagare cento mille scudi.

All’incontro lasciava il re liberamente al duca il marchesato di Saluzzo con le terre di Centale, Damonte e Roccasparviera. Obbligavasi di restituirgli tutti i luoghi a lui pigliati dall’armi di Francia sin dall’anno 1588, e consentiva alla riserva che il duca si era fatta del ponte di Gresy sul Rodano con i luoghi che si comprendono tra il fiume di Valceronna e la montagna nominata il Gran Credo, e di lá del detto fiume della terra di Negracomba sino al piú vicino ingresso nella Borgogna contea, nella quale riserva di paese non sarebbe stato però lecito al duca di piantare alcun forte, d’imporre alcuna gravezza; e in ultimo si obligava ciascuna delle parti a ratificare dentro lo spazio di un mese l’accordo, per dover poi in piú solenne forma l’uno e l’altro prencipe giurar d’eseguirlo. Queste in ristretto erano le principali materie della capitolazione in riguardo agli interessi maggiori de’ sudetti due prencipi; l’altre venivano come accessorie, e per lo piú consistevano in materia di giustizia e d’altri minuti affari piú tosto privati che publici.

Divulgata che fu la sottoscrizione de’ capitoli, se ne mostrò grandissima allegrezza da tutta la corte, e sopra d’ogni altro dal re medesimo, per la considerazione di quei vantaggi ch’egli