Pagina:Bentivoglio, Guido – Memorie e lettere, 1934 – BEIC 1753078.djvu/245


libro secondo - capitolo vi 239


piú nell’ardore delle sue diligenze, egli fece viva instanza di nuovo a’ deputati del re che volessero intieramente dichiarare le pretensioni loro sopra l’uno e l’altro partito. Essi come se allora cominciassero a fare le loro prime proteste, e non si ricordassero delle giá fatte sopra il punto della restituzione, proposero nuovamente in tal forma: che il duca senza riserva alcuna restituisse il marchesato nel termine in che si trovava al tempo dell’invasione; che da lui si pagassero seicento mille scudi per ricompensa delle rendite che il duca vi aveva goduto e delle spese che nella presente guerra il re aveva fatto; che Momigliano rimanesse in mano del re per tre anni, accioché gli servisse per la sicurezza del nuovo accordo; che si terminassero l’altre differenze tra la corona di Francia e la casa di Savoia, e di piú si aggiungeva che il re potesse far demolire il forte di Santa Caterina ed alcuni altri ancora piantati dal duca in occasione delle turbolenze in Francia.

Queste erano le dimande intorno al partito della restituzione. Quanto all’altro del cambio domandavano tutta la Bressa il Beuge il Verame e il baliaggio di Gies; che si restituissero al re le quattro terre di Centale Damonte Roccasparviera e Castel Delfino, le quali non erano molto lontane dal marchesato, ma non gli appartenevano; e che il duca pagasse trecento mille scudi e cedesse la metá dell’artigliarie e monizioni del marchesato. Parvero cosí eccessive e cosí fuori d’ogni convenienza e ragione al legato queste dimande ch’egli se ne turbò sommamente, e non potè rilasciar di risentirsene in ogni piú viva maniera. Disse che tali pretensioni facevano apparire manifestamente esser alieno il re dalla pace. Querelossi che in luogo di moderar le dimande piú tosto da quella parte ogni dí crescevano; e finalmente concluse che riputando egli ormai infruttuosi gli offici del pontefice e inutile affatto l’opera di se medesimo, però stimava che gli convenisse di pensare piú alla partita che alla dimora, il che farebbe senz’altro dopo l’aspettar tuttavia alcuni giorni per non essere incolpato d’impazienza, e di non dar quel tempo che bisognasse a maturar nel debito modo le cose. Ma non si può dire quanto dispiacesse al