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libro secondo - capitolo vi 229


Mentre che si aspettavano li deputati del duca, fece il legato in Ciambery un’azione ecclesiastica simile a quella che aveva fatta prima in Tortona, invocando con publiche orazioni accompagnate da larghe indulgenze l’aiuto divino a favor del trattato di pace che stava per cominciarsi. Piacque e lodossi molto l’azione, e fu celebrata devotamente non solo da magistrati e dal popolo di Ciambery, ma da gran numero d’altra gente che vi concorse dal paese circonvicino. Tentò ancora in questo il legato di tirar a qualche sospensione d’arme il re, giaché egli aveva fatto l’acquisto di Momigliano, che prima era stato il pretesto d’escluderla; e desiderava il legato di stringerla per dubio, che intorbidandosi maggiormente le cose, non venisse a farsi piú torbido in conseguenza il trattato. Ma il re all’incontro sperando di far nuovi progressi, e di avvantaggiare sempre piú dalla sua parte il negozio con l’armi, seguitò a scusarsene con il legato e ricorse a nuovi pretesti col dire particolarmente che abbracciare egli la tregua allora sarebbe stato con poco onor suo, come se la facesse per timore dell’armi che il duca gli aveva portate contro.

Giunsero in tanto li deputati del duca a Ciambery, e con l’interposizione del legato furono raccolti dal re con molta benignitá. L’uno di essi era il conte Francesco Arconati milanese, che aveva servito poco prima il duca nell’officio d’ambasciatore appresso il pontefice, e l’altro il presidente d’Alimes ministro di molta stima appresso il medesimo duca. Deputò il re similmente dalla sua parte due suoi principali ministri, e furono il signor di Sillery tornato non molto prima dall’ambasceria di Roma, e l’altro il presidente Giannino. Fatta questa deputazione cominciossi il trattato, e ciò fu ne’ primi giorni dell’anno milleseicentouno. Sapeva il legato che nell’antecedente negoziazione di Parigi, condotta per mano del patriarca di Constantinopoli, erano succedute contese grandi fra i deputati dell’una e dell’altra parte nell’essersi trovati insieme alle conferenze, e che per tal cagione spesse volte si erano notabilmente commossi gli animi, e venutosi a termini anzi di rompere che d’aggiustare l’accordo che si maneggiava.