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DELLE MONETE 419


Quanto poi al desiderio di mettere in lavoro la zecca, io osservo che per un paese come il nostro, che non ha miniere nè commercio marittimo, due soli sono i casi nei quali può battere moneta con profitto. L’uno è riformare la moneta bassa ed aggiungere in sostanza quello che non ha che in apparenza; l’altro è quando sia esso circondato da altre nazioni nelle quali regnino ancora le tenebre e il caos fra le monete. Allora estraendo dalla mal regolata nazione le migliori monete in iscambio delle peggiori che vi si introducono, e riducendo le prime alla forma delle seconde, si arricchirà la nazione avveduta a spese dell’altra, e sarà questo un costante tributo pagato dall’indolenza all’industria. Fuori di questi due casi il battere moneta non è altro che una commedia di trasformazioni, una perdita inevitabile di metallo nelle operazioni della zecca ed un pubblico discapito, il quale si converte talvolta in bene d’un progettista, che con pagliati sofismi maschera il proprio guadagno col manto del vantaggio del sovrano inseparabile da quello della nazione 1.

  1. “Que dans un besoin de l’état un ministre imprudent permette pour une somme à des traitans de faire des quarts d’écu d’un argent moins fin de la moitié de celui des écus, et cependant de la valeur numéraire d’un quart d’écu.... l’habile négociant et l’étranger feront leur payement en quarts d’écus, et tâcheront de recevoir en écus qui feront refondre en quarts avec profit de moitié. Le roi ne sera plus payé qu’en quarts d’écus, et ce qu’il aura tiré de cette fabrication tournera à sa perte et a celle de l’état en faveur de l’étranger”. Melon, Essai politiq. sur le commerce, chap. 12.