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DEL BECCARIA liii

trattando della quale il Beccaria diede nuova luce a ciò ch’avea sostenuto nel suo libretto di cui parlammo di sopra. Nel tempo in cui l’Europa e l’Italia erano ancora per la maggior parte desolate da leggi pubblicate in tempi nei quali non si conoscevano le massime della scienza politica, egli accennò con nobile audacia le cause dei mali, e fece utilissime proposte di riforma. Ora che le cose istesse sono ripetute in cento libri, e che il sistema delle leggi è perfettamente cambiato, poco costa il rammentarle ed il dirle, ma grandissimo fu il coraggio del Beccaria che le proclamò alloraquando l’esecuzione di esse da alcuni credeasi inutile, da altri dannosa, dai più impossibile. Egli, per grazia di esempio, registrò avvedutamente tra le cause di spopolazione gli ostacoli troppo frequenti posti nel matrimonio alla libera scelta dei soggetti per la creduta prudenza di avere per primo scopo le circostanze accessorie delle nozze (part. I. § 38): l’enorme disuguaglianza dei beni introdotta dall’illimitata facoltà di testare e dalle primogeniture (ib.): la soverchia diffusione del celibato, e le indiscrete leve de’ soldati (ib. § 41). Dimostrò chiaramente i mali che venivano allo stato dai vincoli imposti alla proprietà, e specialmente dai fedecommessi e dalle mani-morte (part. II. § 10). Parlando della circolazione dei grani, asserì e comprovò che l’assoluta libertà è la sola massima economica da adottarsi, facendo eccezione dell’unico caso in cui una nazione si trovasse impossibilitata veramente di profittare dell’universale concorrenza (ib. § 60). Proscrisse l’uso