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e delle pene 61

spargere il sangue umano, le leggi moderatrici della condotta degli uomini non dovrebbono aumentare il fiero esempio, tanto più funesto, quanto la morte legale è data con istudio e con formalità. Parmi un assurdo, che le leggi che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettano uno esse medesime, e che per allontanare i cittadini dall’assassinio, ne ordinino un pubblico. Quali sono le vere e le più utili leggi? Quei patti e quelle condizioni che tutti vorrebbono osservare e proporre; mentre tace la voce, sempre ascoltata, dell’interesse privato, o si combina con quello del pubblico. Quali sono i sentimenti di ciascuno sulla pena di morte? Leggiamoli negli atti d’indignazione e di disprezzo, con cui ciascuno guarda il carnefice; che è pure un innocente esecutore della pubblica volontà, un buon cittadino che contribuisce al ben pubblico, lo stromento necessario alla pubblica sicurezza al di dentro, come i valorosi soldati al di fuori. Qual è dunque l’origine di questa contraddizione? E perchè è indelebile negli uomini questo sentimento ad onta della ragione? Perchè gli uomini nel più segreto dei loro animi, parte che più d’ogni altra conserva ancor la forma originale della vecchia natura, hanno sempre creduto non essere la vita propria in potestà di alcuno, fuori che della necessità, che col suo scettro di ferro regge l’universo.

Che debbono pensare gli uomini nel vedere i savi magistrati e i gravi sacerdoti della giustizia, che con indifferente tranquillità fanno