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140 lo cunto de li cunti

          Quanto ca me spalifeco chiù meglio:
          Quanto, a la ncornatura1 e a primma fronte,
          Pare cosa de priezzo.
          Tutto nganna la vista,
          Tutto ceca la gente,
          Tutto è schitto apparenzia.
          Non ire summo summo,
          Non ire scorza scorza.
          Ma spercia e trase drinto,
          Ca chi non pesca nfunno,
          E no bello catammaro a sto munno.
          Adopra sta coppella, ca fai prova,
          Se lo negozio è vero, o fegneticcio.
          S’è cepolla sguigliata, o s’è pasticcio.
Fab. È na cosa do spanto,
          Pre vita de Lanfusa2!
Jac. Sienteme nchino, e spàntate;
          Jammo chiù nanze, e spireta;
          Ca senterraje miracole!
          Ande, mo: verbegrazia.
          Tu criepe de la nmidia,
          Abbutte e fai la guallara
          De no signore conte, o cavaliere,
          Perchè vaco ncarrozza;
          Ca lo vide servute e accompagnato
          Da tanta frattaria, tanta marmaglia:
          Chi lo sgrigna da ccane,
          Chi lo ncrina da llane,
          Chi le caccia la coppola.
          Chi le dice: schiavuottolo!



  1. Fisonomia, piglio.
  2. Anche il Cortese: «Bravo, disse, per vita de Lanfusa!» (Viaggio di Parn., V. 27). Lanfusa era la madre di Ferraù, il quale giurava sempre pel nome di lei.