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270 | lettere dal mare |
La mina avvinta si precipita sotto la poppa e scoppia. Così qualche posa-mine può essere distrutto. Occorre una manovra speciale per sventare il colpo. Le torpedini sono belve spaventose e maligne delle quali bisogna saper prevedere la rivolta.
Dei marinai specialisti, i bestiarii, vanno da una all’altra, palpano gli appoggi, tastano i cavi per sentire se agguantano sempre solidamente. Intanto il mare si va calmando, ed una brezza leggera e fresca lo rompe. È segno che la terra si avvicina. Infatti, l’ordine è dato di armare le mine. I bestiarii, cautamente, compiono delicate manipolazioni sui mostri. Ne preparano il risveglio, li rendono sensibili.
Senza che nessun comando si sia udito, come per una intesa tacita, tutto l’equipaggio è tornato ai posti di battaglia. Nel buio, gli apparecchi di mira dei cannoni, illuminati da lampade invisibili, rilucono lievemente e pare che veglino. Si intravvedono dietro ai pezzi affollamenti oscuri. Ingrossati dalle larghe cinture di salvataggio, coperti delle ampie tuniche incerate da burrasca, i marinai hanno nell’ombra sagome bizzarre, inumane, tozze ed informi. Stivalati di gomma muovono passi senza rumore sull’acciaio quadrigliato della coperta. Non si sentono venire e passano vicino come fantasmi.
Il ponte di comando, tutto chiuso, avviluppato dalle grosse reti para-schegge fatte di canapi intrecciati, ha una non so quale aria di