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Domandiamo la parola.


Il trattamento fatto ai cittadini d’Italia in Austria è inammissibile. Il sistema di espulsioni in massa, sul quale abbiamo dato cifre al disotto del vero, e che infierisce «senza riguardo alla vita incensurata dei colpiti, alla loro posizione sociale, alla lunga durata del loro domicilio nello Stato austriaco — sul quale talvolta sono nati, — senza riguardo allo sviluppo dei loro affari, al non avere essi parenti, amici, occupazioni fuori dello Stato, nel quale lasciano famiglia, consanguinei e patrimonio, senza pietà infine per gli ammalati e i minorenni contro i quali si è pure inesorabili» (sono parole di un deputato italiano alla Camera austriaca), questo sistema di bandi, diciamo, non è concepibile fra due paesi qualunque in stato di pace, e tanto meno fra due alleati.

Se si pensa anche agli infiniti arresti di regnicoli, alle balorde accuse di spionaggio elevate comunemente contro di loro e che non reggono neppure davanti al giudizio dei magistrati sloveni, se si pensa alle inquisizioni, alle perquisizioni, al carcere preventivo che accompagnano ogni equivoco, se si può dire equivoco, della polizia, se si pensa al sistematico, costante rifiuto di patenti per l’esercizio di qualsiasi professione, fatto contro le leggi dell’umanità e contro quelle internazionali, se si pensa ai «motivi di speciale considerazione» che impediscono a migliaia di concittadini di lavorare, di vivere, di esistere in Austria dove li conduce il naturale flusso dei loro affari, noi ci sentiamo offesi nella dignità, nel diritto, nell’interesse.

La suscettibilità giapponese s’impenna contro gli Stati Uniti per fatti che hanno meno valore di questi. La California non tratta l’emigrazione gialla come sono trattati i sudditi d’Italia oltre i confini orientali.

Perchè si fa questa guerra feroce alla italianità?

La ragione non si trova facilmente, il pretesto sì. Un giornale conservatore viennese ha stampato che «nessuno dei nove popoli che abitano lo Stato austriaco gode meno