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Un capitolo infinito.


Il capitolo «proibizioni,» è infinito. Molte sono bizzarre. A Parenzo si è proibita la cinematografia della battaglia delle due Palme. A Pola si è proibita la cinematografia degli ascari a Roma. Si sono proibite a Pola le rappresentazioni di un circo equestre italiano. L’Ernani è un’opera interdetta. E non è la sola. Anche le rappresentazioni del Nabucco, dei Lombardi, dell’Attila, sono proibite. E poiché si è scoperto che dei cittadini in casa loro osavano ascoltare al fonografo questa musica troppo italiana — e Dio sa con quale struggente emozione — la polizia ha fatto un sequestro generale, presso un grande magazzino fonografico di Trieste, di tutti i dischi criminali. La condotta dei fonografi è sorvegliata. Un bimbo di cinque anni, a casa sua in Trieste, mise in moto un fonografo che suonò l’inno di Garibaldi: e la polizia arrestò, e la giustizia processò il padre del bambino, un italiano del regno. L’Ambasciata italiana, che credette ad un equivoco, chiese amichevoli spiegazioni e il Governo austriaco confermò freddamente il fatto. Sembra che vi sia una musica che passa come un rintocco di campana attraverso le muraglie vibranti delle case fino alle orecchie della polizia, poiché i procedimenti per delitti musicali commessi entro le chiuse pareti domestiche non sono troppo rari. La musica proibita è tanta!

Non solo la marcia reale, l’inno di Garibaldi, l’inno di Mameli conducono dritti alla prigione, ma anche l’innocente inno a Tripoli è fra le composizioni proibite. Perchè lo sono in realtà tutti i canti, tutte le poesie, tutte le espressioni di vita italiana che dicono qualche cosa, bene o male, all’anima della razza. Si cerca così di troncare tutte le file del sentimento, ogni tenue legame, intorno a questo solido e fiero nucleo d’italianità che si vuol far sparire: si tenta di togliergli ogni nutrimento spirituale, di isolarlo, come si tagliano tutto intorno le radici alla pianta che si vuol far morire.