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158 il guado dell’isonzo


tati, sparavano dalle finestre, passavano da casa a casa. Molti si arrendevano.

Per i profondi camminamenti di Lucinico sfilano i prigionieri, di cui solo le teste emergono sull’erba, fra i reticolati rotti. Anche qui il campo di battaglia è un inferno; buche enormi, rifugi saltati in aria lasciando uno sparpagliamento di travi, fucili spezzati, baionette contorte, lanciabombe rovesciati, e per tutto schegge, fondelli, granate a mano, mine aeree non esplose. La strada carrozzabile è sparita.

Appena fuori dai ruderi informi di Lucinico, rasa al suolo, verso le trincee, la bella strada candida scompare in una coltre di erbe salite ad invaderla dai prati. Da quindici mesi non vi è passato più un essere vivente. Era la strada maledetta; diveniva ad un tratto una via che portava al di là della vita, che lasciava il mondo, una via feroce e misteriosa che varcava le soglie dell’esistenza. Chi vi metteva il piede era morto.

Oggi essa è tornata a rivivere. Ma gli austriaci la battono con grossi calibri, per richiuderla da lontano e nel velo del polverone e del fumo, sollevati dalle esplosioni poderose e trascinati dal vento, passano i prigionieri ed i feriti, come delle ombre.