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156 il guado dell’isonzo


dere altro che terra rossa, fango viscido, alberi stroncati, macigni, buche, tombe. E ad un tratto l’orrenda altura spariva, il muro crudele crollava, e veniva a loro come un saluto, come un invito, il respiro ampio del luminoso paesaggio goriziano. I soldati piangevano di felicità abbracciandosi. E si sono precipitati giù, verso il fiume.

Qui la costa ripida, non tormentata dal cannone, è rimasta boscosa. Fra gli arbusti aspettava un ultimo tranello. Un folto reticolato sbarrava il passo, nascosto dalle verdure. I primi plotoni vi sono caduti in pieno, e le mitragliatrici erano in agguato. La lotta ha ripreso, a mezzo declivio. È stata breve. L’assalto è passato, e i nostri si sono subito gettati nei camminamenti austriaci.


Poco dopo si prendevano le disposizioni per il passaggio dell’Isonzo. I soldati fremevano di impazienza. Verso le due si sono veduti i primi plotoni scendere fra i cespugli fitti della riva destra ed entrare nell’acqua.

Un momento dopo il fiume scintillante ribolliva di spruzzi. La magra ha permesso di passare l’Isonzo a guado. Con l’acqua fino al petto, il fucile sollevato nel gesto della fantasia araba, i soldati guazzavano urlando, e facevano sforzi inauditi per sorpassarsi, per arrivare primi a toccare l’altra riva. Il fumo li ha