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il guado dell’isonzo 149


pi su quel declivio dirupato hanno preso fuoco e il fumo denso sale e turbina fin sulla vetta.


Dopo due ore di dura ascesa si arriva alla spalla del monte e si è sulle trincee austriache, in mezzo ad una confusione sterminata di pietrame scavato di fresco, di reticolati divelti e sparpagliati in arruffii rugginosi. Oltre alla devastazione fatta dal cannone, più di seicento bombarde hanno portato nelle trincee nemiche uno sconvolgimento da cataclisma. Pochi cadaveri giacciono qua e là negli atteggiamenti strani che dà la morte fulminea, atteggiamenti che dicono il gesto interrotto, pieni ancora di un non so quale impeto.

Sono pochi perchè qui la difesa è stata rapidamente sopraffatta. La baionetta ha subito rovesciato i pochi oppositori i cui corpi stanno abbattuti sui bordi delle trincee. La massa austriaca era ancora nelle sue caverne.

Sulla Quota 609, la vetta massima, un roccione dirupato e grigio, salgono dei camminamenti austriaci, protetti da spesse muraglie di pietrame, che conducono a caverne-rifugio, enormi gallerie che attraversano la cima da parte a parte. Mentre l’assalto passava, dietro alla grande ondata di uomini che ha coperto la montagna, dei pattuglioni si gettavano verso le grotte buie intimando la resa: «Giù le