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122 la fine di cesare battisti

tata dal suo impeto, essa si era distaccata dal battaglione di fanteria al quale doveva servire di guida. Il battaglione non era giunto: si era sperduto per i fianchi dirupati e sterposi della montagna.

Tutto il peso dell'azione gravava sugli avanzi eroici del battaglione Vicenza, attaccati disperatamente ai reticolati austriaci. Con le unghie e con le baionette i nostri erano riusciti a scavarsi qualche riparo per affondare la testa, e aspettavano.

Qui il capitano R...., la cui compagnia aveva espugnato un’ora prima la vetta del Corno, alla luce dei razzi scorse vicino a sè un ufficiale ferito. Lo riconobbe; era il trentino Filzi, che doveva cadere anche lui nelle mani del nemico. Lo chiamò ma non ne ebbe risposta. Il frastuono delle mitragliatrici, le cui vampe parevano quasi sulle teste dei nostri, non permetteva di udirsi. Poco dopo il capitano R.... si sentì quasi stordire da un colpo alla testa, una scheggia di granata a mano gli aveva forato la sommità dell’elmetto. Dalle trincee il nemico lanciava granate a gas asfissiante.

Privi di maschere, gli alpini affondavano il volto nella terra molle. Per fortuna la brezza fresca dell’alba dissipava subito le nubi gialle e velenose. Al primo chiarore dell’aurora gli austriaci sono usciti al contrattacco. Non hanno potuto varcare i passaggi fra i reticolati, fer-