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grande soddisfazione dei mercanti di carta e della nobilissima classe dei letterati, industri e solleciti pennelleggiatori dei nomi.

Ma un giorno capitò a palazzo il gran maestro delle poste imperiali.

— Figlio del cielo, — diss’egli a Khi-hoang-ti, dopo le genuflessioni di rito, — i tuoi cinquantamila ufficiali di posta non bastano più a tanta fatica. Una strana manía ha colto i tuoi sudditi. Essi mandano biglietti di visita, a centinaia di migliaia, in tutte le direzioni. Sono vere montagne di carta che bisogna far viaggiare. I mezzi di trasporto non sono sufficienti, e quelli che abbiamo non reggono più. Ieri due giunche, cariche di cartoncini, si sono affondate nel fiume giallo. Cinque carri di bambù sono andati in pezzi, sotto il gran peso, ed ingombrano coi loro frantumi la strada. —


IV.


Il Figlio del cielo chiamò i suoi ministri a consiglio. Erano costernati. Anch’essi avevano le case piene zeppe di biglietti di visita. E il guaio più grave era questo, che, non essendo essi della famiglia imperiale, erano co-