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dichiarandosi debitore a lui della somma.... di quella inezia, com’ebbe la bontà di dire il signor Zufoletto degnissimo, mentre stracciava il foglio, non sapendo che farsene. E lo stracciava sotto i miei occhi, capite? sotto i miei occhi; ed io ho dovuto tollerare l’offesa.

— Che cosa ci vedete voi? Doveva vedercela mio padre, se mai. E del resto, l’aver mio padre voluto scrivere questa ricognizione di debito, vi prova che mio padre era al fatto di ogni cosa.

— E voi niente? non sapevate niente, voi?

— L’ho sospettato; — rispose Fulvia. - L’ho sospettato alla prontezza dell’invio, alla lettera venuta dopo, senza particolari che mi dessero lume intorno al cambiamento che doveva essere avvenuto nelle intenzioni di mio padre. E perchè l’ho sospettato, non ho parlato di nulla, venendo qua; non ho neanche ringraziato il signor Lorini della sua cortese premura.

— Potete ringraziarlo ora che sapete tutto di lui; dovete scrivergli anzi una bella letterina, a quel povero e caro Zufoletto!

— Che cos’è questo nome che voi gli date? — domandò la signora con accento severo. — Il suo nome è Virginio Lorini.

— E a me piace tanto di chiamarlo Zufoletto, come so che si usava una volta al Bottegone; — replicò sarcasticamente quell’altro. — È un bel nome pastorale, che gli si conviene appuntino. Siamo infatti in Arcadia. Oh cari, cari tanto, questi personaggi impastati di latte e miele, che hanno dei sentimenti così delicati, e non una goccia di sangue nelle vene! Quel buono ed amato Zufoletto, come mi ha chiesto scusa delle impertinenze che io avevo dette a lui! E badate, non c’era bisogno di consigliarlo neanche, ve l’assicuro io, non c’era bisogno. Pure, avete voluto abbondare. Povero Zufoletto di canna! Se, Dio guardi, ve lo avessi fatto in due pezzi, com’egli l'obbligazione di nostro padre, che disgrazia, o stelle, che irreparabile disgrazia! —

Voleva dire dell’altro, messo in vena com’era dal suo maltalento. Ma la contessa aveva rizzata