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era più fresca la ferita e poteva sentirsi più acerba. In un solo particolare non era così buono, il giovane Virginio: se ne doleva dentro di sè, ma non poteva fare altrimenti. Domandava allo zio notizie di Bercignasco, del sagrestano, del messo comunale, del barbiere, del pastaio, del fittaiuolo, perfino della stalla e del pollaio; ma non proferiva mai il nome della signora Placidia. Quella bofficiona per lui era già morta da un pezzo; anzi meglio, non era mai nata.

Eppure una volta, tant’anni dopo averlo fatto andar via di casa, la bofficiona aveva sentito il desiderio di scendere a Mercurano, per vedere il commesso, il segretario, il factotum del signor Demetrio Bertòla. Aveva colto il pretesto della gran festa di San Zenone e del panegirico che si diceva affidato ad un predicatore coi fiocchi. Era un frate olivetano di Piacenza, e correva la voce per tutta la regione che fosse la prima penna del convento; ma qualche maligno sosteneva non fosse neanche il primo calamaio. Comunque, se ne faceva un gran discorrere, e la signora Placidia aveva mostrato curiosità di sentirlo. Perciò era capitata a Mercurano, in una vettura stangata dov’erano pigiati come le aringhe nel bariglione, lei, l'arciprete, il sindaco, il segretario ed il conciliatore, le autorità maggiori di Bercignasco; quelle che avevano più voce in paese, salvi, s’intende, i diritti del campanaio.

Virginio aveva veduta la carrozza da lontano e riconosciuta alla sua gran mole carnosa e bianchiccia la serva sinodale dello zio arciprete. La carrozza era venuta a fermarsi poco distante dal Bottegone; novità da mettere in pensiero, minaccia da mettere in guardia. Virginio non istette a meditarci su; prese il cappello, girò dalla cartoleria, e infilò l’ultimo uscio del Bottegone, sul corso Garibaldi.

— Vado e torno; — disse in fretta alla signorina Maddalena, che stava al banco della cartoleria. — Se il signor Demetrio domanda di me, ditegli che sono andato alla Castigliona, per quel discorso che sa, col caciaio. —