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«Va, disperditi, veleno che dovevi uccidermi, senza che rimanesse traccia di te, così ch’io rimanessi fulminato, senza che altri, anco a spararmi le membra, potesse ascrivere la mia morte a disperato proposito! Va, disperditi; io non farò altro che castigare il mio cuore, flagellare, rompere per sempre la malaugurata corda dell’amore. Andrò in India.... partirò subito... due o tre giorni basteranno per dar sesto a tutte le cose mie.... Buon padre! egli mi ha fatto il triste dono della vita, ma egli mi ha lasciato altresì la ricchezza, per custodirmi contro i mali della turpe necessità. Io non sarò un Prometeo incatenato sullo scoglio; io correrò lontano lontano, dove non vedrò, dove non udrò nulla, più nulla!...

«È egli vero che si possa dimenticare, come asserisce il duca di Marana? Gli amori di vent’anni, sì certo; ma gli amori di trenta..... gli ultimi..... che! che! troppo profondo è lo schianto. Si cancella il solco; ma il vallo romano di Caledonia, ma il canale di Neco nell’istmo egiziano, si scorgono ancora dopo diecine e diecine di secoli. No, io non la dimenticherò; ma ella almeno non mi vedrà a patire, e il suo Percy non avrà a sorridere di compassione. O potrei io rimanere vicino a lei, spettatore dolente, e spregiato? O forse potrei vivere qui solo, a nutrirmi di memorie, a con-