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sità medesima, gli tolgono la coscienza dell’essere.

Egli fu nella notte, in mezzo al silenzio di ogni cosa creata, che Laurenti cominciò a leggere nella sua anima afflitta, a raccogliere i suoi dolori e ordinarli in forma di pensieri. La mezzanotte era suonata, quando egli, che ancor non era uscito dalla sua camera, sentì il bisogno di muoversi e di respirare un’aria manco soffocata di quella. Aperse la finestra, e la brezza notturna e l’azzurro del cielo stellato, parvero chetargli un tratto lo scompiglio della mente.

Dalla finestra della signora Argellani si scorgeva un po’ di lume che trapelava dalle stecche della persiana.

«Non dorme ancora; — pensò Laurenti — che fa ella? Ricorda le gioie della sua bella giornata, rinnova nel suo cuore le fiamme che vi accesero i lunghi sguardi del suo innamorato Percy! Io ho lavorato per gli altri, mi sono affaticato per gli altri, ho messo per altri il cervello a partito.... Gran colpo che ho fatto! gran vittoria che ho riportato! Ma forse non lo avrei fatto, forse non mi sarei affaticato del pari, sapendo che doveva tornarmene questo premio? O si ha da far il bene solamente per l’utile che se ne spera? Guido Laurenti sarebbe egli diventato un’egoista?»