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Non merito tanto. Sono un povero servo di Dio.

— Come me, dolce canonico, come me. Siam tutti servi di Dio, e lo serviamo come possiamo, non è vero? e secondo dove batte la luna. Ma offrimi una sedia, perbacco baccone! Infine, sono stato creduto degno di sedere alla tavola del principale, e tu, che resta ancor dubbio se andrai di sopra o di sotto, mi fai ora lo schizzinoso? Bada, messer canonico! potrebbe accadere che io fossi al caso di renderti pan per focaccia.

— Siedi! siedi! Là, ecco una sedia! Ma non ti accostare, ti supplico!

— Non dubitare, starò qua, due braccia lontano. E calmati, intanto, egregio amico; ricogli il fiato; non è mia intenzione di farti paura. Sono un buon diavolo; amo la creatura ancor io, perchè nella sua formazione ci ho avuta ancor io la mia parte.

— La tua parte! — balbettò il canonico.

— Sicuramente. Il principale ha fatto il corpo, c poi ci ha soffiato su per dargli l’anima; quell’anima tanto carina, nella sua primitiva innocenza. Ma poi ci ho soffiato io, e l’innocenza