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nell’interno dell’Africa, risalendo verso le fonti inesplorate del Nilo, ridiscendendo in Egitto, viaggiando alle rovine di Cartagine, sempre con quell’acerbo dubbio nell’anima, inquieto, iracondo, fastidioso a me stesso. Sindi tornò finalmente. Egli non aveva trovato lettere per Cosimo Donati, ma bensì pel duca di Feira. Il solo aspetto di quella lettera, la cui soprascritta recava i fini caratteri di una mano di donna, mi turbò fortemente. Era sua, la prima ch’io ricevessi da lei. Come aveva ella saputo il mio nome? Eccovi quella lettera; essa da quel giorno ha sempre posato sul mio cuore; è essa che mi ha tenuto vivo fin qui. -

Così dicendo, il vecchio gentiluomo porse ad Aloise un foglio che aveva tolto dal seno. Il giovine lo afferrò sollecito, lo aperse con mano tremante, lo baciò divotamente e lesse:


«13 novembre, 1853.

«Vivete voi, Cosimo? Io mi sento morire. Appena questa lettera vi giunga (e ne ho certezza, poichè Dio vorrà appagare il voto d’una madre) venite a Genova, chiedete della vedova di Alessandro Montalto. Vi diranno che è morta e sepolta nel suo castello, lontano dalla città, dai congiunti, dal consorzio in cui ella ha vissuto. Antonio, un vecchio gastaldo, l’unico servitore del quale io possa fidarmi, vi consegnerà alcune carte che io non ardisco distruggere. In esse è la mia vita di questi ultimi anni, scritta giorno per giorno, ora per ora: esse vi parleranno di una donna che ebbe la triste ventura di esservi cara un giorno e di costarvi immeritati dolori; vi diranno quali fossero i suoi pensieri, com’ella amasse la sua casa e suo figlio.

«Lo amerete voi, il mio Aloise? Il cuore, che non inganna, mi dice di sì. Ricusaste di vederlo bambino, e fu una gran pena per me. Speravo quel giorno che l’aspetto della madre cancellasse nell’animo vostro l’aspetto della fanciulla, e che voi poteste uscire come un amico dalla mia casa. Non intenderete forse mai più quanto mi accorasse il vostro rifiuto, e quale io vi giudicassi in quel punto. Vi ho meglio conosciuto poi, e amando il padre di mio figlio, ho potuto stimar voi, lasciarvi, senza offesa per lui, un posto onorato nelle mie ricordanze. Sia caso, o pietoso disegno del cielo, ho potuto molti anni più tardi ravvisar Cosimo Donati sotto il nome del duca di Feira, seguire da lontano il famoso uomo di Stato, l’audace viaggiatore d’inesplorate regioni, il liberale dispensatore di benefizi, e vedere ed intendere