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Per tornare al racconto, il banco era aperto; ma il sancta sanctorum che abbiamo accennato più sopra, era chiuso da dentro; indizio certo che c’era qualcheduno. E questo qualcheduno era il signor Salati, un ometto sui quarantacinque, o in quel torno; grasso, rubicondo, colla faccia liscia come una mela cotogna (il che potrebbe dispensarci dal dire che si faceva radere tutti i peli del viso), calvo sul cocuzzolo del cranio, ma coi capegli ravviati sulle tempie, per modo che parevano venire a cercare le sopracciglia, per dar loro il buon dì; ornato finalmente di due occhietti azzurri e sempre in moto, che dinotavano il candore dell’anima e la contentezza d’una vergine coscienza. Due manichini di tela nera che gli coprivano le braccia, a custodia delle maniche del soprabito, mostravano com’egli avesse cura della sua roba. E così pulito, modesto, rubicondo, levigato e paffuto, il signor Salati ci aveva l’aria d’un cassiere, degno della più ragguardevole casa, e della più ragguardevole cassa del nostro commercio. Andate a credere alle apparenze! Oramai quelle stereotipe figure d’usurai, dagli occhi grifagni, dal naso adunco, dalle dita adunche, e tutto il resto idem, come ne’ contrassegni d’un passaporto, alle quali ci avevano assuefatti gli antichi romanzieri, vanno lasciate da banda. Siamo nel secolo delle vaporiere e dei telegrafi; le distanze spariscono, anche quelle tra galantuomini e birbe.

Che cosa faceva il signor Salati, chiuso là dentro? Era solo, abbiam detto, ma solo, s’intende, di persone viventi, di nati dalla costa d’Adamo; che del resto egli non era, o per meglio dire non gli pareva d’esser solo, poichè stava facendo i convenevoli ad una numerosa brigata d’amici. Ed erano tutti d’una forma, gli amici suoi, schierati in bell’ordine su d’una scrivania, la cui coperta di tela incerata faceva spiccar meglio la loro candidezza nativa. Dopo questi ragguagli, sarebbe quasi da tacersi che erano biglietti della Banca nazionale, e biglietti da mille.

Come son cari gli amici! E come giungono, quando meno s’aspettavano, altrettanto più grati! E il signor Salati li contemplava da una giusta distanza, li passava contento in rassegna, come Federico il grande i suoi reggimenti; poi s’accostava a palparli amorevolmente, e a guardarli attentamente di rincontro alla luce della finestra, non già per sincerarsi della loro autenticità (che li sapeva venuti di buon luogo) ma per non saper resistere ad una vecchia consuetudine. È li guardava per ogni verso, e li tornava a riporre; dava una giravolta sui tacchi, giungeva in fondo alla camera stropicciandosi