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quell’altro che diede albergo all’autore di Don Giovanni, della Parisina e del Lara.

Un nostro faceto amico, in una sua storia inedita della collina d’Albaro, deriva i tre nomi che la dividono, da tre fratelli che la avevano avuta in retaggio da uno dei soliti Noè dell’antichità; i quali tre fratelli si chiamavano Luca, Martino e Francesco. C’è infatti un San Luca, un San Martino e un San Francesco d’Albaro. Quest’ultimo è il più meridionale di tutti; laonde voi, quando abbiate fatto dieci minuti di strada dopo il ponte della Pila, vi trovate alle falde della collina incerto tra due strade, come l’asino di Buridano tra due misure di fieno. La strada a sinistra risale dolcemente la collina a San Martino, e di là scende a Sturla, a Quarto, a Quinto, a Nervi, e giù, giù, fino in capo al mondo; quella a destra piega un tratto verso mezzogiorno, poi sale faticosamente la collina a San Francesco d’Albaro, per ridiscendere verso San Luca, e andarsi a ricongiungere con la sua sorella di sinistra.

Noi, con licenza dei lettori, non baderemo che a San Francesco d’Albaro, il quale, sempre topograficamente parlando, ci presenta ancora tre viottole, le quali corrono da settentrione a mezzogiorno, tutte perpendicolari alla via maggiore, che taglia la collina precisamente accanto alla villa del Paradiso. La seconda di queste viottole finisce come le altre ad un ciglione che sopraggiudica il mare; ma su questo ciglione essa ci ha il particolare ornamento dell’antica chiesuola di San Nazaro; chiesuola senza tetto e senza lastrico, non più destinata ad altro che a qualche sacrificio cruento. Ed anche questa destinazione arbitraria non doveva durare. Dopo il ’60 la chiesuola è scomparsa, tramutandosi in una casa a parecchi quartieri, per uso e dilettazione estiva di villeggianti. Poesia delle rovine, addio; l’utilità ti soverchia. E infine, non ce ne addoloriamo oltre misura; l’istesso San Nazaro, che insieme col suo buon collega San Celso portò primo ai Genovesi il verbo dell’amore e della pace fraterna, non doveva essere troppo contento dei riti sanguinosi a cui le rovine della sua chiesuola erano state consacrate.

Il savio lettore ha già capito che questo era il luogo prefisso al duello del dottor Collini col marchese di Montalto. La posta delle due parti belligeranti era sul ripiano dinanzi alla chiesa; ma i padrini del Collini dovevano, come è già noto, aspettare quest’ultimo, mezz’ora prima, sotto la villa del Paradiso, per accompagnarlo poscia sul terreno.