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— Sta bene; e quando sei giunto?
— Oggi stesso; vengo da Civitavecchia, e precedo i signori Francesi, dei quali ho veduto lo sbarco, liberamente operato. —
Dicendo queste ultime parole, l’adolescente batteva de’ piedi sul pavimento, in segno di dispetto.
— Chétati! — rispose sorridendo il maggiore. — Non entreranno così liberamente di qua.
— Lo credo; qui ci siete voi, padre mio. E poi, penso che i cittadini di questa repubblica ricorderanno gli esempi dell’antica. Furio Camillo era ben nato da queste parti. —
Lorenzo, sebbene in quell’anno avesse cominciato a studiare filosofia, non aveva già dimenticati i due di rettorica. Parlava volentieri dei Fabii, dei Manlii, dei Quinzii, e d’altri somiglianti semenzai d’uomini prodi. Ancor egli aveva cantato a squarciagola per le vie di Genova:
Fratelli d’Italia, |
Rigo Salvani era tutt’occhi a contemplare suo figlio; ne ammirava lo sciolto linguaggio e il piglio marziale. Lorenzo era ancora un ragazzo, ma già in lui si sentiva l’uomo. Le prime schioppettate avevano da compiere la trasformazione, e da porvi il suggello.
— Tu, dunque, sei venuto a tempo; — gli disse il maggiore. — Credo che domani i signori Francesi, ai quali mi sembra che tu porti già un grande amore, saranno alle viste.
— Hannibal ad portas. Ma noi, babbo, non istaremo a piagnucolare come la plebe romana dopo la rotta di Canne, e muoveremo loro incontro.
— Se questo sarà il comando dei capi.
— S’intende, signor maggiore. Ma poichè oggi, entrando in Roma, ho già imparato a cantare: Anneremo in Campidojo — A saluta’ er berretto, non mi spiacerebbe cambiar domattina di musica. A proposito, padre mio, dicono che il primo fuoco fa paura....
— Secondo i casi, ragazzo mio; — rispose il maggiore, che se la spassava ad ascoltare la gaia parlantina del figlio. — Ed anche dipende molto dalla compagnia in cui uno si trova.