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è nostra; e Galatea è mia, posso soggiunger qui, senza aspettar complimenti ed evviva. Giorno fortunato davvero, quantunque non senza pericolo; ma il pericolo fa preziosa la vittoria, e più caro il trionfo. O Buci, o cane impagabile, io troverò bene uno scultore che voglia farti il ritratto e gittarmelo in bronzo, affinchè io possa mettere il tuo simulacro a decorazione della piazza grande, ed unica, della nobil Corsenna.

Erano le nove e sette minuti, quando la signorina Wilson mi apparì tra gli alberi della strada campestre. Come mi batteva il cuore, come mi batteva, intravvedendo nel verde la sua marinara bianca dalle risvolte turchine! Ella veniva innanzi a passi lenti, leggendo; Buci la precedeva, da buon battistrada. Al lieve rumore, che io feci, alzandomi dal mio nascondiglio sul ciglione del bosco, il buon cane si fermò di botto sulle quattro zampe, abbaiando. Allora mi lasciai vedere, e saltai sulla strada.

— Oh, Lei! — esclamò la signorina. — Credevo che Buci avesse visto un serpe.