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serbatoio, l’argine ha così larga la cima, che ci si passa comodamente in due; ma più in là, dove il bottaccio incomincia a restringersi, la ripa si restringe anch’essa via via; non si può andare tutt’e due di fronte, ed ella è costretta ad appoggiarsi sulla mia spalla. Ma che dico, appoggiarsi? Vi s’aggrappa per disperata, come una bella spericolona al braccio del robusto bagnaiuolo che l’ha in custodia, sulla spiaggia di Livorno o di Rimini.

Già aveva tremato un pochino al passaggio d’un secondo ponticello che cavalca la chiusa, donde il bottaccio si scarica quando non lavora il mulino. Ma qui è un tremar continuo, dovendo andar noi sulla ripa alta e stretta, coll’acqua profonda a manca e la prateria molto bassa a diritta.

— Volete forse tornare indietro? — le dico.

— No, — mi risponde, con un brivido che parrebbe far contro alle parole, — il pericolo ha le sue attrattive. —

Avanti dunque con le attrattive. Ma la impaccia il suo ombrellino da sole e da pioggia, il suo en-tout-cas, com’ella lo chiama, e