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lettere che era nella stazione; strappai la sopraccarta, palpai le due lettere, per accertarmi che fossero suggellate, stesi la mano in fretta, e le gettai nella buca. Certo, egli mi sembra di poter giurare che anco a starmi tra le mani, il segreto della mia bella viaggiatrice non corresse pericolo; ma tant’è, mi pareva anche più sicuro là dentro, e la rifiatata di contentezza che diedi, mostrò chiaramente che io m’ero sollevato d’una grande malleveria.

Ciò fatto, uscii dalla stazione e infilai lo sportello d’un carrozzone d’albergo. Cascavo, a farlo apposta, nel migliore di Bologna, dove mi fu assegnata una gran camera, col solaio di legno, a cassettoni dorati, e partita in due da una gran tenda di lana scarlatta. Il letticciuolo sul quale andai a cercare il sonno, aveva da capo un quadro a olio, in cui era dipinto un uomo incipriato, in abito di gala,