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Vegniamo adesso all’altro punto e diciamo che, quando i frati assicurano d’esser umili, ci snocciolano pure una seconda menzogna vieppiú grossa della prima. E per venire alle corte, non si mostran essi a un tratto superbi come tanti Luciferi, quando si recano ad onta, anzi pure ad oltraggio, Tesser chiamati «frati», che tanto vale quanto «fratelli»? Havvene pur uno che non isdegni d’essere cosi chiamato? E’ non voglion essere «fratelli», ma sibbene «padri». Questo è l’appellativo che pretendono de iure: e lo sappiamo pur tutti come cotesto appellativo non fu mai assunto da veruna classe d’uomini, trattane quella de’ senatori che ressero ab antico la repubblica romana, i quali giudicarono quello di «padre» il massimo fra tutti gli appellativi. E non basta né tampoco a’ frati lo spingere oltre la superbia quanto se la spinsero que’ superbissimi senatori, ché s’hanno voluto anche inventare e appropriare assai altri titoli magni e rimbombanti, arrossendo quasi del nudo «padre», come di titolo soverchio mingherlino e scarno quando stassi di per sé. Lascio andare il «padre reverendo» e il «padre molto reverendo» e il «padre reverendissimo» e T«osservandissimo» e il «colendissimo» e i tanti altri di tal conio, ch’egli si danno a vicenda fra di essi e che si beccano da ciascuno, sia frate o non sia frate. Passiamo a quelli di «padre priore», di «padre superiore», di «padre vicario», di «padre guardiano» o «preposito» o «visitatore» o «definitore» o «provinciale» o «generale», eccetera, eccetera, eccetera. Sono appellativi e titoli di molta umiltá cotesti? Mainò, dico io; ché il sono anzi di superbia somma. Appellativi d’umiltá sarebbono, esempligrazia, quelli di «padre ignorante», di «padre goffo», di «padre sfacciato», di «padre impertinente», di «padre ghiottone», di «padre sfaccendato», di «padre manigoldo», e simili. Sarebbono titoli d’umiltá quelli di «padre mosca», di «padre pidocchio», di «padre barbagianni», di «padre lumaca», di «padre lucertola», di «padre cane», di «padre asino», di «padre mulo», di «padre porco», esimili: massimamente se ogni tal titolo o appellativo quadrasse, cioè s’avesse dell’analogia col naturale di ciascun frate, come la potrebbe