Pagina:Baretti - La scelta delle lettere familiari, 1912 - BEIC 1749851.djvu/247

riuscirmi una tentazione troppo grande, comeché, per dirti il vero, non mi dispiaccia punto l’avere de’ gioielli indosso quanti piú si può, sempre che m’esco di casa, e in casa medesimamente. «Ben lo credo, come tu m’assicuri, sultano mio, che in quel tuo serraglio io m’avrei la libertá di farmi dolere i denti, stuzzicandomeli con una spilla, né piú né meno di quello ch’io mi faccia qui in Firenze; e credo altresi tu non me ne sgrideresti, come si fa qui di continuo da ognuno; e mi figuro etiam non sarei dall’Altitudine Tua costretta mai ad alzarmi di buonora la mattina per badare all’interno di casa tua, e por mente a’ tuoi servi, e scaricare te in qualche parte del domestico peso. Ma, signor sultano, forse ch’io non mi godo questi be’ privilegi nella mia Firenze, propio come li godrei nel tuo Costantinopoli? Fa mò d’uopo di divenire sultana per guastarci la dentatura a nostr’agio e per non badar mai alle faccende casalinghe? «Un’altra cosa ti voglio pur dire, Mustafá mio: ed è che, s’io lasciassi questo mio paese pel tuo, e’ non ci sarebbe piú zerbinotto veruno che ardisse porgermi un braccio quando scendo una scala o che monto in carrozza. No, non ve ne sarebbe piu veruno che mi offerisse l’acqua santa quando entro ’n una chiesa, che mi desse un’occhiata quando m’affaccio ad un balcone, che m’ammirasse estaticamente quando ballo in un’assemblea, che cercasse a studio di perdere i suoi ruspi giuocando meco al traversino, e, in somma delle somme, che si divincolasse a tutto potere onde cattivarsi la mia benivolenza per questa, per quella e per quell’altra via. Oimè! che, divenuta un tratto sultana, l’orientale decoro non mi permetterebbe piú tutto quello si permette comunemente ad ogni donna fiorentina ed a me in particolare. Voglio dire che non mi si permetterebbe piú il distribuire occhiatelle, sorrisi, ghignetti, chinatine di testa, piegaturine di ginocchia e cenni e motti e cent ’altre cosucce su questo andare ad una turba di spasimati che, sempre che il possono, mi vanno sussurrando all’orecchio i tanti dolori che soffrono per me! Vorrestú, Mustafá, ch’io mi privassi ad un tratto di tutte queste somme beatitudini pel solo gusto di strofinare ogni giorno quel tuo bel paio di mustacchi, i quali,