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vetro, que’ nostri cittadini lo recassero poscia alla loro patria, dove per un certo tempo s’andò tirando innanzi con alcune poche fornaci. Queste però multiplicate di troppo in pochissimi anni, fu risoluto dalla serenissima Signoria che tutte si trasportassero nella contigua isoletta di Murano, dove tuttora durano. In questa guisa l’arte vetraria, perduta molti secoli prima in Roma in conseguenza dell’invasione de’ barbari, tornò per la seconda volta nell’ Italia e si rimase unicamente in Murano sino a’ tempi di Lodovico decimoquarto, ne’ quali il celebre monsú di Colberto seppe a forza di danari corrompere alcuni de’ nostri artefici, che, fuggendo di Murano, la portarono in Francia, donde si sparse tosto in altre parti d’Europa. Talché in oggi è conosciuta non solo da’ francesi ma etiam dagl’inglesi, dagli olandesi e da vari altri popoli, i quali l’ hanno ampliata e raffinata d’assai, con sommo detrimento de’ nostri viniziani, i quali non sono piú i soli che forniscano a tutti gli altri paesi quella derrata, come il furono per lo spazio di cinque buoni secoli. Che dice Vossignoria, signor Oltrocchi mio gentilissimo, di questa mia chiacchierata? Le par ella prolissa? Certo che si! Ma chi se n’ha la colpa? Orvia, nolla facciamo piú lunga. Saluti per me la sua garbata mogliera e nella grazia sua propia mi tenga senza fine raccomandato. Addio.