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Avendo scritto una novella che non è molto a Crema, patria vostra, avvenne, per quanto diceva il nostro dottissimo messer Andrea Navagero, che questi dí a Marmiruolo a la presenza di madama di Mantova e de le signore duchesse d’Urbino la narrò, ho pensato non poterla meglio collocare che sotto il vostro cosí famoso nome, essendo voi oggidí quel poeta che in esplicar gli effetti amorosi non avete pari. E tuttavia nel governo de le terre di quei signori Pallavicini sète occupatissimo, rendendo sommaria e breve giustizia a ciascuno. Sovviemmi poi che piú d’una volta abbiamo insieme ragionato de la natura d’alcuni, che cosí volentieri beffano il compagno di qualche cosa, de la quale eglino meritano molto piú d’esser beffati, come vederete esser avvenuto al magnifico podestá di Crema. Vi piacerá adunque questo picciolo dono accettare, che mi rendo certo che vi fará ridere. State sano.Novella XLVI

Una greca, veggendo un pescatore senza brache, si giace
con lui, tratta dal gran pendolone che gli vide ondeggiare fra le gambe.


Avendo i nostri signori veneziani deliberato di far purgare le fosse de la terra nostra di Crema, diedero licenza generale che ciascuno potesse in quelle come piú gli piaceva pescare, onde ci furono pur assai che, entrati ne le fosse, pigliarono gran quantitá di pesce. Ed essendovi dentro di molte persone, chi scalze, chi ignude e chi d’un modo e chi d’un altro, una donna, moglie del contestabile de la porta di Ombriano, era assisa sovra il muro del ponte e si pigliava meraviglioso piacere a metter mente a quelli che pescavano, veggendo talora il pesce sguizzar di mano ai pescatori, ed il romore che tra loro facevano. Ella era greca ed assai bella donna, ma tanto baldanzosa che piú essere non poteva. Sovravenne in quella Anteo da Bologna, nostro capo di fantaria, che insieme con Babone stava a la guardia di Crema. Ella, come lo vide, appresso di sé lo chiamò e gli disse, ché assai