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novella xxii 299

insiememente prenderai debita vendetta. — Il signor Timbreo, avvistosi che quello era il de osito del corpo de la bella Fenicia e sentite le parole che il signor Girondo diceva, era quasi di se stesso fuori non sapendosi imaginare che cosa fosse questa, e pure, da non so che commosso, cominciò amaramente a lagrimare, pregando il signor Girondo che in piè si levasse e piú chiaramente dicesse questa istoria, e con questo gettò via il pugnale lungi da sé. Poi tanto fece e disse che il signor Girondo, in piè levatosi, tuttavia piangendo, cosí gli rispose: — Tu dei saper, signor mio, che Fenicia ardentissimamente fu da me amata e di tal modo che, se io cento etá campassi, mai piú non spero trovar sostegno né conforto, perciò che l’amor mio a la sgraziata fanciulla fu d’amarissima morte cagione. Ché, veggendo io che da lei mai non potei aver una buona guardatura né un minimo cenno a’ miei desiri conforme, quando intesi che a te fu per moglie promessa, accecato dal mio sfrenato appetito, m’imaginai che se io ritrovava modo che tua moglie non divenisse, che di leggero chiedendola poi io al padre l’averei sposata. Né potendomi imaginar altro compenso al mio ferventissimo amore e piú innanzi non considerando, ordinai una trama la piú alta del mondo e con inganno ti feci veder uno andarle la notte in casa, il quale era uno dei miei servidori. E colui che ti venne a parlare e darti ad intendere che Fenicia aveva l’amor suo altrui donato, fu da me del tutto instrutto e sospinto a farti l’ambasciata che ti fece. Onde fu il seguente giorno Fenicia da te repudiata, e per tal repudio la sfortunata se ne mori e qui fu seppellita. Il perché, essendo io stato il beccaio, il manigoldo ed il crudel assassino che tanto fieramente e te e lei ho offesi, con le braccia in croce — e alora di nuovo s’inginocchiò — ti supplico che de la commessa da me sceleraggine tu voglia pigliar la condecente vendetta, imperò che pensando di quanto scandalo sono stato cagione ho il vivere a sdegno. — Queste cose udendo, il signor Timbreo piangeva molto amaramente, e conoscendo il giá commesso errore esser irreparabile e che essendo Fenicia morta non poteva piú tornare in vita, pensò non voler contra il signor Girondo