di sollevamento, inopportunamente
fatto, meravigliosamente proseguito e finito, Milano fu libera dai
tedeschi. E nel medesimo dí, cinque ore prima che ne giugnesse nuova
a Torino, la guerra d’indipendenza era dichiarata dal piccolo re di
Piemonte, cioè di quattro milioni e mezzo d’anime, senza un’alleanza,
né politica, all’imperator d’Austria, cioè di trentasei milioni,
appoggiato dall’alleanza d’Europa dal 1815. Non importa; si gridò
in tutta Italia alla tardanza, alla titubanza piemontese. — Addí 25,
un primo corpo piemontese entrò in Milano, addí 26 il re partí di
Torino, addí 3 aprile entrò in Pavia, e proseguí poi a Crema, con soli
venticinquemila uomini contra l’esercito austriaco di settantamila.
Questi, fuggenti dalle cittá sollevate, si raccoglievano al campo
di Montechiaro. Il re lo minacciò, lo sloggiò piegando a destra, e
scendendo il Po. L’operazione era bella, la guerra era portata d’un
tratto sul Mincio. Addí 8 aprile, si combatté a Goito, si prese e si
passò quel fiume; addí 9 si combatté e si passò a Monzambano, addí
10 ed 11 a Valeggio. Allora la guerra era necessariamente in que’
campi tra Mincio ed Adige, dove, quando non era se non la fortezza di
Mantova, Buonaparte giovane e vittorioso dimorò e vinse per otto mesi,
dove ora era il terribile quadrilatero di Peschiera, Mantova, Verona e
Legnago, apparecchiate, rinforzate e studiate ne’ trentaquattro anni
di pace dai sospettosi stranieri, dove ora il re conduceva un esercito
nuovo di venticinquemila uomini, contro sessanta o settantamila
austriaci. Il grido d’Italia, cioè de’ settari, dei tribuni di piazza,
degli oratori di circoli, degli scrittori di giornali, del governo
provvisorio di Milano, forse senza eccezioni, e quello stesso dei
ministri e consiglieri del re con pochissime eccezioni, era che si
passasse attraverso i due fiumi, le quattro fortezze, i sessantamila
nemici, per dar la mano a Venezia, Vicenza e l’altre cittá, e si
portasse la guerra agli sbocchi, anzi alle cime dell’Alpi da Como a
Trieste. Né fa meraviglia che la povera Italia, inesperta di guerra
anche piú che di politica, gridasse siffatte stoltezze; sí il può
fare che rimangano queste in alcuni libri di uomini anche militari.
Quand’anche fosse stata vera, generale ed armata insurrezione in