Pagina:Balbo, Cesare – Storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni, Vol. II, 1914 – BEIC 1741401.djvu/143


delle preponderanze straniere 139

vil repubblica non aveva sapute usare contro all’invasore in faccia, che ora ella gli sollevava o si sollevavano a spalle, opportunamente come poteva parer allora, piú inopportunamente che mai, come si vide in breve. Buonaparte sentí il pericolo, accresciuto dal non saper che gli eserciti francesi del Reno avesser incominciate lor mosse; temé aver tutta Austria dinanzi, tutta Italia addietro; propose negoziati [31]. Ma rifiutato, riavanzò arditamente, combattendo a Unzmark [3 aprile], e fino a Leoben [7]. Allora Austria, minacciata al cuore, domandò essa l’armistizio. Fecesi di cinque giorni. Finiva addí 13 al mattino; arrivarono in quel punto i plenipotenziari austriaci a trattar pace. Trattossi altri cinque dí; e firmaronsi i preliminari lí a Leoben, addí 17. Austria cedeva il Belgio e il Milanese da rivolgersi in repubblica; doveva compensarsi in Germania coi principati ecclesiastici da abolirsi, in Italia col territorio di Venezia fino all’Oglio; rimanendo Venezia da compensarsi colle Legazioni e Modena, cioè colla efimera repubblica cispadana: stranissimo riparto della schernita Italia. Ma il dí prima de’ preliminari [17], che era un lunedí di Pasqua, anniversario de’ vespri siciliani, sollevavasi Verona, facevansi vespri veronesi. Ridiscese quindi il gran vincitore e mal pacificatore dall’Austria in Italia; mandò sue minacce, suoi ordini, sua vendetta a Venezia, ed egli, con stupenda arte di perfidia, si scostò dall’esecuzione, fu ad aspettarla a Milano. Addí 12 maggio, in gran Consiglio, la vile aristocrazia veneziana abolí se stessa, restituí, diceva, la libertá alla nazione, cioè a una repubblica democratica, cioè a una municipalitá alla francese. Questa chiamò gli stranieri addí 16. E, al medesimo dí, le medesime condizioni, i medesimi patti pattuivansi in Milano, tra i plenipotenziari veneti e Buonaparte! Talmente a cenni, a dito del vincitore fu consumata quella distruzione d’uno Stato di mille anni. Seguirono moti in Genova, per cui anche quella repubblica fu mutata da aristocratica a democratica francese, e prese nome di «ligure»; moti nella Valtellina contro a’ grigioni, per cui Buonaparte, fatto arbitro, tolse quella provincia a’ grigioni e diedela alla repubblica cisalpina, che stavasi, come si disse allora, organizzando. E seguirono negoziati, dapprima di