lavori. Certo che adorno di tali splendidezze e tali nomi il fine
del secolo decimoquinto apparisce superiore in progresso di coltura a
qualunque generazione antica e moderna. — Eppure superiore a tutti
questi è un nome, un uomo solitariamente cresciuto, anzi giá
invecchiato in quest’etá, Cristoforo Colombo. I viaggi e le scoperte
erano state dell’opere piú abbandonate dagli italiani dopo il secolo
di Dante e Marco Polo. I papi erano stati distratti dallo scisma, i
veneziani dalle conquiste continentali in Italia, i genovesi da lor
discordie e loro in sofferenze e della libertá propria e dell’unione
con Milano. I portoghesi ci avean tolto, non che il primato, ogni
opera di scoperte. Aveano inventato l’astrolabio, strumento informe
tuttavia, ma giá aiutante a dirigere il corso dagli astri, e cosí ad
avventurarsi lungi dalle coste, a mutar il cabotaggio in gran
navigazione. L’infante Enrico [1394-1460] ideò, proseguí, non compié
egli la scoperta del giro d’Africa, ma l’avanzò col far riconoscere
via via quella costa occidentale. Dopo lui, continuarono i portoghesi
per la medesima via; nel 1471, passarono l’equatore; nel 1486, Diaz
scopri, e non passò ancora il capo da lui detto delle Tempeste;
passollo Vasco de Gama nel 1494, e chiamollo di Buona speranza. Ma
questa grande scoperta fu preceduta da quella anche maggiore di
Colombo. Nato intorno al 1435 in Genova od intorno, ché non importa
guari, studiò a Pavia, navigò per la sua patria e pe’ francesi che la
signoreggiavano, e per gli Angioini che essa aiutava, intorno al 1459.
Capitato a Lisbona intorno al 1470, cioè in sull’ardore delle scoperte
africane, sposò Filippa di Palestrello un venturiero italiano, seguace
giá dell’infante scopritore; s’accese tutto di quelle idee, di quelle
avventure, navigò, abitò a Porto Santo, uno de’ nuovi stabilimenti;
studiò, carteggiò con Toscanelli [-1482], un dotto geografo
fiorentino, e dicesi avesse cognizione d’una mappa fatta da fra Mauro
veneziano. E da tutti questi studi, e dalle tradizioni raccolte d’ogni
dove, e da’ viaggi di Marco Polo, e da’ lavori cosmografici di fra
Mauro, e dalla considerazione della rotonditá della terra, e fin da
alcuni testi biblici, acquistò la persuasione, la certezza: doversi, navigando