Pagina:Avventure di Robinson Crusoe.djvu/635


robinson crusoe 561

sua lingua, benchè niuno, ve lo immaginate, non ne intendesse una parola. Lo tornarono pertanto a raccogliere, e d’allora in poi divenne più trattabile nè vi fu più bisogno di fargli prendere un bagno di mare.

Spiegammo dunque nuovamente le vele, siccome dissi; ma io era il più sconsolato fra i viventi per la perdita del mio Venerdì. Avrei voluto tornare addietro alla mia isola per prendere al mio servigio uno di que’ selvaggi lasciativi; ma ciò non fu possibile, onde continuammo il nostro cammino.

Quanto al prigioniero che avevamo ci volle un gran pezzo prima d’arrivare a fargli intendere veruna cosa; pure coll’andar del tempo i nostri gl’insegnarono un poco d’inglese, e si potè cambiare qualche parola con lui. Allora gli si domandò da che paese venisse, ma ne sapemmo altrettanto. Il suo linguaggio era un certo garbuglio, tutto gutturale perchè parlava in gola d’una maniera sì affogata, sì stramba, che non si capiva quasi mai per il diritto che cosa volesse dire. Era passato in adagio fra noi che quei della sua razza dovevano poter parlare comodamente anche con una sbarra in bocca, perchè non ci accorgevamo che avesse bisogno di denti, di lingua, di labbra o di palato; faceva uscire della sua gola aperta le parole, come vengono fuori le note da un corno da caccia. Qualche tempo dopo per altro, quando lo avemmo perfezionato un pochetto (figuratevi che perfezione) nell’inglese, ci disse che andavano co’ suoi re fareé grandeé battaglia. All’udire che questi re erano in più, gli chiedemmo quanti re fossero. Ne rispose che erano cinque nazioneé, (che a fargli distinguere il singolare dal plurale non ci siamo riusciti), e che andavano tutti uniti contro a due nazioneé. Chiestogli perchè fossero venuti contro di noi, ne rispose:

— «Per fareé gran maraviglia vedereé.» È cosa da notarsi che tutti que’ nativi, come ancora quelli dell’Africa, mettono sempre in fine di parola due e dove ne va una sola, e mettono un accento su l’e aggiunta, come fareé, vedereé. Non gli potemmo mai levare questo vizio, e stentai bene a liberarne il povero Venerdì, benchè finalmente ci riuscissi.

E or che torno a nominare quella buona creatura, sento il bisogno di licenziarmi da lui. Povero onesto Venerdì! Noi gli demmo sepoltura con ogni decenza e solennità che si potè maggiore, ponendolo entro una cassa e gettandolo in mare. Ordinai undici tiri