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la vera democrazia 21

vera non accampa esigenze impossibili; rispetta la monarchia plebiscitaria al pari della repubblica; sa che per conservare la libertà bisogna usarla moderatamente, perchè è fatto attestata da mille esempi, che agli eccessi della libertà tiene dietro la perdita sua, non lagrimata quando sia divenuta fomite di disordini e produttrice di scandali. La vera democrazia non disconosce i freni morali della religione, del buon costume e del rispetto reciproco ai diritti e ai riguardi di ogni persona, dei poteri bene ordinati e delle leggi. Ma vuole che s’accrescano i beni d’uso comune, e scemi l’asprezza che è nelle naturali disuguaglianze sociali; non toglie ad alcuno nulla del superfluo, perchè sarebbe difficile dire che cosa sia il superfluo, ma non tollera che alcuno manchi del necessario ed esige che gli agiati sentano la responsabilità della ricchezza e gli intelligenti quella dell’ingegno. Chiunque di noi si chiude in un beato egoismo, è complice degli anarchici, e più colpevole di coloro stessi che preparano la rovina della società. È una povera lusinga credere che bastino la questura, i tribunali, le galere; noi, noi soli possiamo salvarci, e se non lo faremo, sarà tutta nostra la colpa.

XIV.

Consentite che io riassuma la differenza tra le due democrazie e le conseguenze diverse cui trascinerebbero un paese con uno di quei raffronti che ci porge la storia della terra, la quale determina tante volte o riflette la storia dell’umanità.

Sopprimendo ogni vincolo, ogni ritegno, ogni diga, ogni argine, riusciremo ad una pretesa eguaglianza, nella natura meglio che nella società. Strappiamo alle montagne il verde manto della foresta, e gli agenti atmosferici, le acque irruenti, gl’influssi sotterranei, quando la roccia sia fessa, spezzata, frantumata la trascineranno giù abbasso; trascuriamo le chiuse dei burroni alpini, e mancherà un primo, efficace ritegno; lasciamo liberi i fiumi a loro talento là dove si formano, essi scenderanno precipitosi, impetuosi, furenti contro gli argini, e li abbatteranno, spargendosi per la campagna. Noi lotteremo per elevare questi argini, per rafforzarli, per rinnovarli, ma giorno verrà in cui saremo vinti nella lotta disuguale, e alle montagne denudate, alle prealpi isterilite, farà riscontro la pianura impaludata, appestata dai miasmi, resa inabitabile all’uomo. Gli elementi continueranno la loro azione più rapida quanto meno impacciata, sino a che avranno tutto agguagliato, e messo in luogo dei boschi folti, delle colline amenissime, delle feraci campagne, un altipiano sabbioso come quello di Gobi, od un caos malinconico di pietre come