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30 ARS ET LABOR

Julie le si avvicinò senza collera, ma piuttosto con supplichevole umiltà e fra le due donne vi fu un rapido colloquio a bassa voce; Madame Bornier riprese il suo lavoro e Julie tornò in sala.

Warkworth balzò in piedi tosto che la vide entrare. Ambedue esitarono vacillando. Poi egli si avvicinò a lei e bruscamente irresistibilmente la prese nelle sue braccia. Julie resistette un momento, ma finalmente cedette e gettandogli le braccia attorno al collo, nascose il viso sul petto di lui.

Rimasero così per alcuni minuti, assolutamente silenziosi; il solo rumore che si udiva era il respiro affannoso di Julie. La testa di Warkworth s'inchinava sulla sua.

— Julie! come potremo mai dirci addio? — sussurrò egli alfine.

Essa si svincolò dalle sue braccia, e vedendo quel viso contraffatto, si sforzò di essere calma. — Venite a sedervi qui.

Lo condusse verso la finestra aperta, e vi si posero a sedere vicino, colle mani in mano. Una chiara e mite notte d'aprile brillava all'esterno, e dai soffii di umidità brezza li sfiorava di quando in quando. nel giardino e sulla facciata chiuda della grande casa dirimpetto, delle luci vaghe si mischiavano alle ombre della notte.

— É per sempre? — chiese Julie a voce bassa e soffocata. — É un saluto.... per sempre? Sentì che la mando di lui tremava, ma essa non lo guardò. Pareva recitare delle parole già da lungo tempo formulate nel suo spirito.

— Rimarrete assente.... forse un anno? Poi tornate in India.... e poi....

Si fermò.

Warkworth ebbe la sensazione fisica, per così dire, di una lettera seplta nella tasca del suo abito, una lettera di Lady Blanche Moffatt, ricevuta la mattina stessa. Missiva di una grande dame, ridotta a dei rimprovesi senza dignità e dettata da un vero terrore materno per la salute, la vita stessa della sua creatura, di quella creatura fragile e eterea come una foglia di rosa.

Delle voci vaghe erano giunte sino a lei. Ma no! quelle dicerie non potevano essere vere. Fortunatamente nessun sospetto aveva ancora sfiorato Ileen. Quanto a lei, aspettava un suo scritto che la rassicurasse. Altrimenti...

E l'ultima parte della lettera conteneva una minaccia velata che Warkworth comprese perfettamente.

No, da quella parte, nessuna scappatoia; le sue azioni passate gli sbarravano la via. E d'ora innanzi, era evidente, gli conveniva proseguire con maggiore prudenza.

Ma come poteva rimproverarsi i sentimenti che nutriva, lo capiva ora Julie? i più forti forse ch'egli dovesse mai conoscere? A sua insaputa quel legame l'aveva avvinto sempre più strettamente. Ed oggi, colle loro mani, stavano ambedue per spezzarlo? La colpa era sua? Il destino aveva compiuto tutto.

Warkworth medesimo si sentiva glorificato da una situazione così tragicamente sincera, e da emozioni di cui un mese prima si sarebbe creduto incapace.

Risolutamente, in questo ultimo colloquio con Julie, egli lasciò libero sfogo a queste emozioni. S'impossessò delle mani gelate dell'amica sua, mentre essa gli indirizzata parole desolanti, e le baciò con fervore.

— Julie, se voi ed io ci fossimo conosciuti un anno fa, quello che è accaduto in India non sarebbe mai successo. Voi lo sapete!

— Forse. Ma quale consolazione volete che io trovi a sopprimere questo fatto col pensiero? La cosa è avvenuta così — ecco il male.

E volgendosi bruscamente a lei:

— Avete un ritratto di lei?

Egli esitò.

— Si — rispose alfine.

— Lo avete qui?

— Perchè me lo chiedete, carissima? Questa sera almeno è nostra.

E tentò nuovamente di attirarla nelle sue braccia. ma essa persisteva.

— Sono certa che l'avete. Fatemelo vedere.

— Julie! non ho che voi nel mio pensiero, voi sola!

— Allora fate ciò che vi chiedo.

S'inchinava verso di lui con aria smarrita e supplichevole; le sue labbra sfioravano quasi la guancia di Warkworth. A malincuore egli prese dalla tasca un portafoglio, ne estrasse una fotografia, e gliela porse.

Julie la fissò con sguardo ardente. Teneva nelle sue mani un volto che sembrava composto di neve e di fiamma, una creatura fragile e delicata, ma traboccante di tenerezza e d'espressione, una testa da bambina coperta di morbidi capelli ricciuti, il labbro superiore un po' rialzato su dei denti piccoli e bianchissimi, quasi in atto di ingenuo stupore. Eppure dietro a tanta dolcezza, quale profondità di poesia e di sentimento? Il collo esile portava con dignità