Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/496


[78]
Parlando tutta volta la donzella
     Teneua la viſiera alta dal viſo,
     Mirando Ferrau la faccia bella
     Si ſente rimaner mezo conquiſo,
     E taciturno dentro a ſé fauella
     Queſto vn’angel mi par del paradiſo,
     E anchor che con la lancia non mi tocchi
     Abbattuto ſon giā da ſuoi begliocchi.

[79]
Preſò del capo, e come aglialtri auuene:
     Ferrau ſé n’uſci di fella netto,
     Bradamante il deſtrier ſuo gli ritenne:
     E diſſe torna, e ſerua quel e’ hai detto,
     Ferrau vergognoſo ſé ne venne
     E ritrouo Ruggier ch’era al conſpetto
     De’l Re Agramante, e gli fece ſapere
     Ch’alia battaglia il cauallier lo chere.

[80]
Ruggier nò conoſcedo anchor chi foſſe
     Chi a sfidar lo mandaua alla battaglia,
     Quaſi certo di vincere, allegroſſe:
     E le piaſtre arrecar fece e la maglia,
     Ne l’hauer viſto alle graui percoſſe
     Che glialtri ſian caduti il cor gli ſmaglia,
     Come s’armaffe, e come vſciſſe, e quanto
     Poi ne ſegui, lo ſerbo all’altro canto.


CANTO XXXVI



[1]

C
Onuien ch’ouuque ſia, ſempre corteſe

Sia vn cor getil, ch’eſſer nò può altrimente,
Che per natura, e per habito pſe
Quel ch di mutar poi non e poſſente,
Conuien ch’ouunque ſia: ſempre paleſe
Vn cor villan ſi moſtri ſimilmente,
Natura inchina al male, e viene a farſi
l’habito poi difficile a mutarli.

[2]
Di corteſia, di gentilezza eſempii
     Fra gli antiqui guerrier ſi vider molti,
     E pochi ſra i moderni, ma de gli empii
     Coſtui, auuié ch’assai ne vegga e aſcolti,
     In quella guerra Hippolyto che i tempii
     Di ſegni ornaſte a gli nimici tolti:
     E che traheſte lor galee captiue
     Di preda carche, alle paterne riue.

[3]
Tutti gli atti crudeli & inhumani
     Ch’ufaffe mai, Tartaro, o Turco, o Moro
     Non giā con volontā de Venetiani
     Che ſempre eſempio di giuſtitia ſoro:
     Vſaron l’empie e federate mani
     Di rei ſoldati mercenarii loro:
     Io non dico hor di tanti acceſi ſuochi
     Ch’arfon le ville e i noſtri ameni lochi.