Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/269


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Di Marphiſa, d’ Adolfo, d’Aquilante
     Di Griphòe e de glialtri io vi vuo dire,
     Che trauagliati, e con la morte inante
     Mal ſi poteano incótra il mar ſchermire,
     Che ſempre piti ſuperba e piú arrogante
     Creſcea Fortuna le minaccie e l’ire
     E giá durato era tre di lo ſdegno
     Ne di placarfi anchor moſtraua ſegno.

[44]
Cartello e ballador ſpezza e ſraccaſſa
     l’onda nimica e’l veto ognhor piú fiero,
     Se parte ritta il verno pur ne laſſa
     La taglia e dona al mar tutta il nocchiero
     Chi ſta col capo chino in vna carta
     Su la charta appuntando il ſuo ſentiero,
     A lume di lanterna piccolina
     E chi col torchio giú ne la ſentina.

[45]
Vn ſotto poppe, vn’ altro ſotto prora
     Si tiene iii.ui/-i l’horiuol da polue,
     E torna a riuedere ogni mez’ hora
     Quato e giá corſo, & a ch via ſi volue,
     Indi ciaſcun con la ſua charta ſuora
     A meza naue il ſuo parer riſolue,
     La doue a vn tempo i marinari tutti
     Sono a conſiglio dal padron ridutti.

[46]
Chi dice, fopra Limirto venuti
     Siamo p ql ch’io trouo alle ſeccagne,
     Chi di Tripoli appreſſo i farti acuti
     Doue il mar le piú volte i legni ſraglie,
     Chi dice ſiamo in Satalia perduti,
     Percui piú d’ u nocchier ſoſpira e piagne
     Ciaſcun fecondo il parer ſuo argomenta
     Ma tutti vgual timor pme e fgomenta.

[47]
II terzo giorno con maggior diſpetto
     Gli aſſale il vèto, e il mar piú irato ſreme
     E P un ne ſpezza, e portane il Trinchetto
     E’l Timon l’altro, e chi lo volge ífieme:
     Ben e di ſorte e di marmoreo petto
     E piú duro ch’acciar. e’ hora non teme
     Marphira che giá ſu tanto ſicura
     No nego che quel giorno hebbe paura.

[48]
Al monte Sinai ſu peregrino
     A Gallitia pmeſſo, a Cypro, a Roma:
     Al Sepolchro, alla Vergine d’ Hettino
     E ſé celebre luogo altro ſi noma,
     Su’l mare in tanto e ſperto al ciel vicino
     L’afflitto e conquartato legno toma
     Di cui p me trauaglio hauea il Padrone
     Fatto l’arbor tagliar de l’Artimone.

[49]
E colli e carte e ciò che v’ e di graue
     Gitta da prora, e da poppe, e da ſponde:
     E fa tutte ſgombrar camere e giaue
     E dar le ricche merci all’auide onde:
     Altri attende alle trombe, e a tor di naue
     l’acqj Iportue, e il mar nel mar rifonde,
     Soccorre altri in ſentina ouunq3 appare
     Legno da legno hauer ſdrucito il mare.

[50]
Stero in queſto trauaglio, in queſta pena
     Bè qttro giorni, e no hauea piú ſchermo
     E n’hauria hauuto il mar vittoria piena
     Poco piú che’l furor teneſſe fermo:
     Ma diede ſpeme lor d’ aria ſerena
     La diſiata luce di ſanto Hermo,
     Ch’ in prua s’ una cocchina a por ſi venne
     Che piú non v’erano arbori ne antenne.