Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/268


[35]
Se ſtaua all’ombra, o ſé del tetto vſciua
     Hauea di e notte il bel Giouine a lato:
     Matino e ſera hor queſta hor qlla riua,
     Cercado adaua, o qualche verde prato:
     Nel mezo giorno vn’ Antro li copriua
     Forſè nò men di quel comodo e grato
     C’hebber, ſuggendo lacq3, Enea e Dido
     De lor ſecreti teſtimonio ſido.

[36]
Fra piacer tanti, ouunq3 vn’ arbor dritto
     Vedeſſe ombrare o ſonte, oriuo puro
     V hauea ſpillo, o coltel ſubito ſitto,
     Coli ſé v’era alcun ſaſſo men duro,
     Et era ſuori in mille luoghi ſcritto
     E coſi in caſa in altri tanti il muro
     Angelica e Medoro, in varii modi
     Legati inſieme di diuerſi nodi,

[37]
Poi che le parue hauer fatto ſoggiorno
     Quiui piú ch’a baſtanza, ſé diſegno
     Di fare in India del Catai ritorno
     E Medor coronar del ſuo bel regno:
     Portaua al braccio ú cerchio d’Oro adorno
     Di ricche geme, i teſtimonio e ſegno
     Del ben che’l conte Orlando le volea
     E portato gran tempo ve l’hauea.

[38]
Quel dono giá Morgana a Ziliante
     Nel tempo che nel lago aſcoſo il tenne,
     Et eſſo poi ch’al padre Monodante
     Per opra e per virtú d’Orlando, venne
     Lo diede a Orlado: Orládo ch’era amate
     Di porſi al braccio il cerchio d’Or foſtène
     Hauendo diſegnato di donarlo
     Alla Regina ſua di ch’io vi parlo.

[39]
Non per amor del Paladino, quanto
     Perch’era ricco, e d’artificio egregio:
     Caro hauuto l’hauea la Donna tanto
     Che piú nò ſi può hauer coſa di pregio:
     Se lo ſerbo ne l’Iſola del pianto
     Non ſo giá dirui con che priuilegio,
     La doue eſpoſta al marin Moſtro nuda
     Fu da la gente inhoſpitale e cruda.

[40]
Quiui non ſi trouando altra mercede
     Ch’ai buon paſtore & alla moglie deſſi
     Che ſeruiti gl’hauea con ſi gran fede
     Dal di che nel ſuo albergo ſi fur meſſi.
     Leuo dal braccio il cerchio, e gli lo diede
     E volſe per ſuo amor che lo teneſſi
     Indi faliron verſo la montagna
     Che diuide la Francia da la Spagna.

[41]
Dentro a Valenza, o dentro a Barcellona
     Per qualche giorno, hauea pèſato porſi,
     Fin che accadeſſe alcuna naue buona
     Che per leuáte apparecchiaſſe a ſciorſi:
     Videro il mar ſcoprir ſotto a Girona
     Ne lo ſmontar giú de i montani dorſi:
     E corteggiando a man finiſtra il lito
     A Barcellona andar pel camin trito.

[42]
Ma nòvi giuſer prima, ch’huom pazzo
     Giacer trouaro in ſu l’eſtreme arene:
     Che, come porco di loto e di guazzo
     Tutto era brutto e volto, e petto e ſchene:
     Coſtui ſi ſcaglio lor eòe cagnazzo
     Ch’affalir foreſtier ſubito viene:
     E die lor noia, e ſu per far lor ſcorno,
     Ma di Marphiſa a ricontarui torno.