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ventesimosesto 289


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     Al trar degli elmi, tutti vider come
avea lor dato aiuto una donzella:
fu conosciuta all’auree crespe chiome
et alla faccia delicata e bella.
L’onoran molto, e pregano che ’l nome
di gloria degno non asconda; et ella,
che sempre tra gli amici era cortese,
a dar di sé notizia non contese.

29
     Non si ponno saziar di riguardarla;
che tal vista l’avean ne la battaglia.
Sol mira ella Ruggier, sol con lui parla:
altri non prezza, altri non par che vaglia.
Vengono i servi intanto ad invitarla
coi compagni a goder la vettovaglia,
ch’apparecchiata avean sopra una fonte
che difendea dal raggio estivo un monte.

30
     Era una de le fonti di Merlino,
de le quattro di Francia da lui fatte,
d’intorno cinta di bel marmo fino,
lucido e terso, e bianco piú che latte.
Quivi d’intaglio con lavor divino
avea Merlino imagini ritratte:
direste che spiravano, e, se prive
non fossero di voce, ch’eran vive.

31
     Quivi una bestia uscir de la foresta
parea, di crudel vista, odiosa e brutta,
ch’avea l’orecchie d’asino, e la testa
di lupo e i denti, e per gran fame asciutta;
branche avea di leon; l’altro che resta,
tutto era volpe: e parea scorrer tutta
e Francia e Italia e Spagna et Inghelterra,
l’Europa e l’Asia, e al fin tutta la terra.