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ventesimo 131


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     Dietro a me tutti in un drappel ristretti,
cavallieri, mercanti e galeotti,
ch’ad albergarvi sotto a questi tetti
meco, vostra mercé, sète ridotti,
avrete a farvi amplo sentier coi petti,
se del nostro camin siamo interrotti:
cosí spero, aiutandoci le spade,
ch’io vi trarrò de la crudel cittade. —

77
     — Tu fa come ti par (disse Marfisa),
ch’io son per me d’uscir di qui sicura.
Piú facil fia che di mia mano uccisa
la gente sia, che è dentro a queste mura,
che mi veggi fuggire, o in altra guisa
alcun possa notar ch’abbi paura.
Vo’ uscir di giorno, e sol per forza d’arme;
che per ogn’altro modo obbrobrio parme.

78
     S’io ci fossi per donna conosciuta,
so ch’avrei da le donne onore e pregio;
e volentieri io ci sarei tenuta
e tra le prime forse del collegio:
ma con costoro essendoci venuta,
non ci vo’ d’essi aver piú privilegio.
Troppo error fôra ch’io mi stessi o andassi
libera, e gli altri in servitú lasciassi. —

79
     Queste parole et altre seguitando,
mostrò Marfisa che ’l rispetto solo
ch’avea al periglio de’ compagni (quando
potria loro il suo ardir tornare in duolo),
la tenea che con alto e memorando
segno d’ardir non assalia lo stuolo:
e per questo a Guidon lascia la cura
d’usar la via che piú gli par sicura.