So che qui appresso non è casa o loggia
che mi ricopra e pria ch’a tetto giunga 30per lungo tratto il monte or scende or poggia.
Né piú affrettar, perch’io lo sferzi o punga,
posso il caval, ché lo sgomenta l’ira
del ciel e stanca la via alpestre e lunga.
Tutta questa acqua e ciò ch’intorno spira 35venga in me sol, che non può premer tanto
ch’uguagli al duol che dentro mi martira;
ché, se a Madonna io m’appressassi quanto
me ne dilungo e fusse speme al fine
del mio camin poi rispirarle a canto; 40e le man bianche piú che fresche brine
baciarle, e insieme questi avidi lumi
pascer de le bellezze alme e divine,
poco il mal tempo, e loti e sassi e fiumi
mi darian noia, e mi parrebbon piani, 45e piú che prati molli, erte e cacumi.
Ma quando avien che sì me ne allontani,
l’amene Tempe e del re Alcinoo li orti,
che puon se non parermi orridi e strani?
Li altri in le lor fatiche hanno conforti 50di riposarsi dopo, e questa spene
li fa a patir le aversitá piú forti.
Non piú tranquille giá né piú serene
ore attender poss’io, ma ’l fin di queste
pene e travagli, altri travagli e pene. 55Altre piogge al coperto, altre tempeste
di sospiri e di lacrime mi aspetto,
che mi sien piú continue e piú moleste.
Duro serammi piú che il sasso il letto,
e ’l cor tornar per tutta questa via 60mille volte ogni di sará costretto.
Languido il resto de la vita mia
si struggerá di stimolosi affanni,
percosso ognor da penitenzia ria.